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Frame, Janet.

Scrittrice neozelandese. Intraprese inizialmente la professione di insegnante, ma a vent'anni, dopo l'annegamento della sorella Isabel, ebbe un crollo psicologico che la relegò in una clinica psichiatrica, dove, per effetto di una diagnosi sbagliata di schizofrenia, fu sottoposta a decine di elettroshock. Riuscì a evitare la lobotomia solo grazie al successo di uno dei suoi racconti (La laguna, 1951). Scampata al manicomio, visse per alcuni anni a Londra e, dal 1963, a Paluverston North, in Nuova Zelanda. Donna tormentata, profondamente segnata da questa drammatica esperienza, la F. trovò nella poesia e nella letteratura la forza per arginare le proprie insicurezze e far maturare quella fine sensibilità artistica che la consacrò quale maggiore autrice di romanzi del suo Paese. La sua opera completa, in cui vengono scandagliati i temi della pazzia, della morte e della solitudine, uniti a una visione mitico-simbolica della realtà, tratta dalla cultura dei Maori, consiste in 10 romanzi (Gridano i gufi, 1961; Dentro il muro, 1961; Il margine dell'alfabeto, 1962; Giardini profumati per ciechi, 1964; L'uomo adattabile, 1965; Stato d'assedio, 1967; Cura intensiva, 1970; Vivere nel Maniototo, 1979; Stai entrando nel cuore umano, 1983; I Carpazi, 1988), 5 raccolte di racconti (tra cui State entrando nel cuore umano, 1983), una antologia poetica (Lo specchio tascabile, 1967) e la trilogia autobiografica Un angelo alla mia tavola (costituita da L'isola del presente, 1983, Un paese di fiumi, 1984, e La città degli specchi, 1985), dalla quale nel 1990 la regista e connazionale Jane Campion trasse l'omonimo successo cinematografico. Candidata più volte al Premio Nobel per la letteratura, la F. fu insignita nel 1983 dell'Order of the British Empire e nel 1990 del massimo riconoscimento neozelandese, diventando Member of the Order of New Zealand (Dunedin 1924-2004).